Satira senza rispetto crolla sotto un tetto

La vignetta di Charlie Hebdo è rimbalzata sui social. Da più parti mi hanno contattata per chiedermi un’opinione. Non appena la satira si fa aggressiva, qualcuno mi domanda: è satira?

È satira.

Dopo aver stabilito che è satira, si discute se sia di cattivo gusto. Giungiamo a un livello del dibattito più rilassato perché, come di fronte a qualsiasi prodotto artistico e culturale, esiste l’eventualità del “non mi piace” tanto quanto l’inverso. Ad ogni modo, occorre partire da una premessa: tra le corde espressive e le vocazioni morali della satira c’è proprio la finalità di sfidare il “buon gusto”.

La Vignette sul terremoto in Italia pubblicata da Charlie Hebdo  "Terremoto all'italiana: penne al sugo di pomodoro, penne gratinate, lasagne". L'ultima, ("lasagne"), presenta diverse persone sepolte da strati di pasta. ANSA+++ EDITORIAL USE ONLY NO SALES NO ARCHIVE+++

La vignetta in questione, ferocemente, come è nello stile di Charlie Hebdo, ci dice che gli italiani pensano solo a mangiare, pensano alla pasta, restando assolutamente impreparati alle calamità. Nel caso specifico la calamità è il terremoto, che però metaforicamente sintetizza i problemi politici, economici, sociali sotto cui crolliamo. Si denuncia, in effetti, la passività dei cittadini italiani. Un luogo comune. Eppure noi stessi dichiariamo di essere un popolo che, a pancia piena, si lascia governare supinamente, che parla parla, ma non si alza mai da tavola. La lasagna farcita di cadaveri, invece, è il piatto prelibato di chi lucra sulle sciagure, è il piatto opulento del bottino. Le penne col pomodoro o gratinate sono la pasta del popolo, piatti semplici e poveri, che ricordano anche sangue e bruciature, perchè il livello più immediato ci riporta all’evento: penne è anche “tetti”. Crollano i tetti dei poveri, dei cittadini sprovveduti, passivi, inconsapevoli, vittime della mala edilizia, ma responsabili del fatto che essi stessi si “propongono” come piatti da mangiare.

Questa satira critica la passività del cittadino italiano medio, ritratto in ogni caso come debole vittima, e denuncia che egli è cibo per “qualcuno”, ignoto, che se lo mangerà come una lasagna. Il lettore dovrebbe domandarsi a chi è destinata la porzione di pasta farcita. Mi colpisce, invece, che molti non abbiano notato che le due persone in primo piano sono rappresentate ferite, insanguinate, a piedi nudi: vittime. Vittime.

Il semplice fatto che sia stato usato come espediente una tragedia ha automaticamente generato la conclusione che le vittime non fossero state rispettate. Esiste un argomento tabù, Charlie Hebdo ha violato questo tabù, non le vittime. O forse c’è una identificazione tra il tabù e il nucleo di persone che ne è toccato?

Ad esempio, posso fare satira sul papa, che è un tabù, senza per questo voler offendere le persone che credono nell’assoluta bontà del papa? Posso fare satira sul Presidente della Repubblica, senza per questo voler offendere lo Stato italiano di cui egli è simbolo?

Mi è venuta in mente una delle copertine più celebri del Male. Aldo Moro era stato rapito. Vincino elaborò la foto con cui le BR avevano rivendicato il sequestro con uno slogan pubblicitario del tempo: Scusate, abitualmente vesto Marzotto.

Chi poteva avere il coraggio e l’imprudenza e la dissennatezza di usare la foto di un sequestro mentre esso non solo era ancora in corso, ma riguardava uno dei massimi esponenti politici dell’epoca? La satira.

La vignetta che la Francia oggi ci manda, su cui mi esprimo oggi, è molto triste, macabra, mette il dito in una piaga.

Charlie Hebdo ha questa specifica vocazione, raramente aspetta che la tragedia passi, piuttosto se ne serve, perché è in quell’esatto momento, nel momento in cui la notizia ci rende ancora emotivamente aperti, che possiamo prendere il pugno sul muso. Passato il tempo del dolore, il lettore fa spallucce, ha già dimenticato.

In sede di confronto tra più utenti facebook, qualcuno mi ha fatto notare che il messaggio poteva essere affidato a immagini più morbide. Sì, certo. Unaltra redazione avrebbe trattato l’argomento differentemente, magari riservando il primo piano a una rappresentazione più esplicita dei “magnoni”. Vogliamo vedere in primo piano i cattivi, no?

Sfugge che il “magnone”, giustamente assente in quanto occulto, è, di fatto, il punto di arrivo di una catena in cui è il cittadino stesso a offrirsi come piatto. È una denuncia, dunque, e anche un monito.

C’è da ragionare ancora sul perché si scelgano determinate immagini anziché altre.

In genere, la satira privilegia l’efficacia del messaggio e adotta illustrazioni più “trasparenti”, più comprensibili e docili, quando deve informare. Se l’informazione è già a disposizione del lettore, l’autore satirico, in molti casi, si preoccupa di sfondare gli automatismi percettivi con cui elaboriamo le informazioni. Lavora pertanto non sulla notizia in , ma sull’emotività che essa suscita, molte volte pilotata per distoglierci da altri aspetti. A questi la satira ci riporta con le figure retoriche che le sono proprie: osceno, grottesco, paradosso… Armi stilistiche caricate che nascondono alcune cose per esaltarne altre. Siamo provocati nella compassione affinché essa non degeneri nel pietismo. E, in tal caso, l’obiettivo è raggiunto senza ricorrere a immagini didascaliche, educative, bensì attraverso lo shock. È una caratteristica di Charlie Hebdo, non della vignetta.

Tutto ciò capita in un momento in cui mi sto preparando per la seconda edizione di OFFICINA SCUOLA che si svolgerà a Monselice (PD). Il 9 settembre, rispettando l’obiettivo della manifestazione, ovvero diffondere metodologie didattiche per la scuola, mi è stato chiesto di tenere un workshop per studiare e verificare la potenzialità della satira di innovare la didattica.

Io ho paura.

Dopo la giornata di oggi ancora di più.

Credo che, per lealtà, alle 150 persone, tra cui anche docenti, iscritte al workshop, dichiarerò anzitutto questo. Ho paura. E non della satira.

9 comments

  1. Mariano Serrecchia · settembre 3, 2016

    Emanuela, mi permetto di darti del tu perché dalla foto appari molto più giovane di me che ho superato i sassata.
    Ognuno può e deve avere le sue personali opinioni e convinzioni.
    Alla satira hai dedicato il tuo blog e questo presuppone che tu ne abbia esperienza, ma la vera scuola di esperienza è la vita e senza voler criticare chi o che cosa credo che finché si tratta di fatti o personaggi politici, pubblici o sociali ben venga la satira, ma quando si tratta di calamità naturali indipendenti dalla volontà o dal comportamento umano è doveroso il massimo rispetto nei confronti delle vittime.
    Avrei capito la vignetta di Charlie se si fosse trattato del crollo di una palazzina costruita dall’uomo ma qui la causa è un terremoto. Non c’entra la mafia gli spaghetti e il mandolino.
    L’Italia è ricca anzi ricchissima di argomenti, storture, malcostume, malaffare e molto altro ancora che può essere motivo di satira e spunto per le esternazioni caustiche di Charlie, ma le vittime no.
    Come hai spiegato siamo già vittime di un sistema corrotto ma questa non era certo l’occasione o il modo di ricordarcelo.
    Le vittime del terremoto non sono le stesse vittime del sistema malato anche se paradossalmente e fisicamente lo sono, ma l’evento le differenzia soprattutto sotto il profilo umano.
    Accettare supinamente i mali della società non significa accettare supinamente le bizzarrie della Natura e quegli stessi italiani che sopportano e perdonano i loro malfamati governi stanno dando invece dimostrazione di reagire alla catastrofe con quel coraggio e quella determinazione che si vorrebbe avessero contro le ingiustizie umane.
    E poi perché tanto astio verso gli italiani?
    Quando furono bersaglio dell’attacco arabo molti italiani non hanno esitato a manifestare solidarietà verso Charlie.
    Quel è la causa di tanto accanimento verso il nostro paese?
    Forse che la Francia è immune da tutto ciò di cui ci si accusa?
    Questa vignetta non fa male solo a noi italiani ma fa male all’ Europa in un momento in cui sarebbe richiesta un po’ di solidarietà e umanità, proprio in questi momenti così difficili sotto ogni profilo politico, sociale, economico e soprattutto umano!

    Mariano Serrecchia

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    • Emanuela Marmo · settembre 3, 2016

      Caro Mariano,
      alla satira in effetti dedico studi, ricerche e approfondimenti dal 2002. Mi sono laureata con una tesi su una rivista di satira inglese e non ho più smesso. Da allora ho analizzato opere satiriche di ogni tipo, provenienti da ogni parte del mondo. Ho anche avuto il piacere e l’onore di intervistare autori.
      Sento di capire quello che descrivi.
      C’è un’assoluta sproporzione tra ciò che la vignetta inquadra e ciò che accade o è accaduto. Tuttavia, le vignette satiriche non hanno l’obbligo di informare o approfondire, può capitare che un terremoto dovuto a cause imponderabili e invincibili diventi metafora o volano per alludere ad altri aspetti della politica o del costume del paese che si sta trattando. In questo momento, in cui siamo coinvolti emotivamente dall’accaduto, ci sembra strano che una vicenda “personale” possa essere usata come metafora per porre questioni di ordine generale.
      Ma tu ed io stiamo rispondendo da due livelli completamente diversi, che – mi auguro – non si aboliscano a vicenda, ma si completino. Il mio, ad esempio, mi consente di vedere che le vittime sono presentate come e in quanto tali, mentre senti che le vittime siano state offese. È proprio questo aspetto, invece, che nella vignetta manca e che ho gli strumenti di rilevare. Le vittime anzitutto non sono ridicolizzate ma sono disegnate realisticamente, ferite, scalze, sfatte. Di esse si dice: Attenti, sarete trattati come cibo da mangiare.
      È solo uno stereotipo quello che da noi si lucra sulle sciagure? Eppure le verità sui post-calamità danno delle tristi conferme… Non è questo il momento di metterci in guardia? Forse è proprio questo il momento, adesso che sono tutti attenti.
      Resta, anche per me, un problema che non si sia creato un comune sentire tra autore e vittime, ma è davvero difficile stabilire, adesso, se ciò sia avvenuto perché l’autore non ha saputo trovare un gancio d’effetto o perché il pubblico ha letto la vignetta da un punto di vista già condizionato.
      Charlie Hebdo avrebbe potuto pubblicare una vignetta di solidarietà, unendosi alle retorica del pianto. Tuttavia, ciò non solo non è nello stile di Charlie Hebdo, ma non avrebbe impedito una circostanza probabile, e questa sì che è disumana: dopo, gli alluvionati, i terremotati, i franati restano soli nel lutto e in attesa della ricostruzione. Ed è lì che vignette, post, messaggi di consolazione non ce ne saranno più, perché la notizia del giorno è già passata ad altro, magari ad una strage con altrettanti morti e feriti che però non ci commuovono come, inevitabilmente, ci commuovono i nostri. E le crude vignette che si pronunceranno su quei casi, altrettanto umani, non ci appariranno crude o inopportune o ingiuste, anzi le riterremo di utile contributo perché in quel caso sapremo inquadrare il fatto specifico come fenomeno o simbolo di un problema generale. Io difendo la vignetta solo per questo, perché con un pugno ci proietta a quel dopo che nessuno racconta.
      La ringrazio tanto per le sue riflessioni.

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  2. Stefano · settembre 4, 2016

    Emanuela, Io penso (e ho visto coi miei occhi avendo avuto la fortuna di viaggiare parecchio ) che il magna magna sulle spalle dei poveracci sia un costume alquanto diffuso sui 5 continenti non solo in Italia. Penso anche che gli Italiani (come i Francesi dopo gli attacchi terroristici ) non abbiano bisogno di Charlie Hebdo per ricordargli in quale sistema vivano; sistema tra l’altro che ognuno di noi almeno una volta nella vita ha “sfruttato”..una conoscenza, una buona parola, un’agevolazione. Se tu inciampi per strada e ti rompi una gamba, quale utilità ti porterebbe un passante che si ferma a disegnarti per terra dolorante ? Ti farebbe riflettere o aumenterebbe la tua consapevolezza avere uno che arrogantemente ti sbatte in faccia la realtà che già conosci ?? Qualcuno ha replicato in questi giorni che Charlie Hebdo ama talmente la past italiana che il 7 gennaio si è trasformato in uno scolapaste ; è stato accusato di cattivo gusto..non si tratta forse di una satira ? che utilità porta al giorno d’oggi (dove lo scambio di informazioni avvengono in tempo reale e dove la maggior parte degli eventi, dei “magna magna” etc avvengono alla luce del sole ?? ). Viviamo in una dittatura economica talmente spudorata che non abbiamo più bisogno a mio avviso di fumetti scioccanti per farci “svegliare”. Ci vuole l’intenzione, la consapevolezza e la luce. Che cosa apporta alla società una vignetta di Charlie Hebdo se non amarezza nei più equilibrati e rabbia e persino antisemitismo nei più caldi ??

    La definizione giuridica della Corte di Cassazione recita che : ” la Satira ha un contenuto ETICO ed è una manifestazione di pensiero di altissimo livello, che nei tempi si è addossata il compito di castigare ridendo mores, ovvero di indicare all’opinione pubblica aspetti criticabili o esecrabili di persone, al fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere etico, correttivo cioè verso il bene “.

    grazie, ciao

    Stefano

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    • Emanuela Marmo · settembre 5, 2016

      Caro Stefano,
      anche io penso che il magna magna sulle spalle dei poveracci sia un costume diffuso a livello globale; devo dire che ho spesso osservato che la scoperta di determinate responsabilità, non ha eguale trattamento in ogni paese.
      Spero ora di rispondere chiaramente alle tue domande, delle quali ti ringrazio.
      Vedi, Stefano, Charlie Hebdo non è venuto a mettere la propria vignetta nella buca della nostra posta. Non l’ha distribuita sotto forma di volantini tra le macerie del terremoto. Charlie Hebdo pubblica le sue vignette all’interno di una rivista, che per di più ha tutte le caratteristiche di una rivista di nicchia.
      Se proprio devo fare un paragone, è come se la satira grafica di Charlie Hebdo fosse pornografia. Ora, sappiamo che la pornografia non è per tutti. Anche Charlie Hebdo lo sa, tant’è che occupa lo spazio parziale e settoriale che lo stesso pubblico francese le assegna.
      Questa libertà, per Charlie Hebdo, di essere sporca e villana, di castigare i poteri nelle vie grezze e scurrili che le piacciono, a me è necessaria. Di contro, non mi è necessario comprare quel giornale o postarne le vignette.
      Adesso, mi domando, perché la stampa italiana, oltretutto strappando l’illustrazione dal contesto delle pagine di cui è corredo, ha fatto “notizia” citando quella vignetta? Questo, davvero, che senso ha? E perché noi tutti, dietro, a commentare?
      Io non riesco a tollerare i film di Lars von Trier. Mi disturbano. Quando ho visto Dogville sono stata male, sono dovuta scappare in bagno a vomitare. Eppure so che quel genere di film piace a qualcuno, so che è necessario al regista liberare la sua estetica in quel modo. Devo però restare cosciente: io non posso “consumarla”.
      Stefano, hai la grande libertà di non comprare la satira “pornografica” di Charlie Hebdo. Tutti quelli che ne sono attratti, però, hanno il diritto che essa continui. A difendere la tua libertà e ad accontentare loro c’è la stessa garanzia: Charlie Hebdo ha un contesto: la rivista.
      Quanto all’etica della satira, c’è qualcosa che la Corte di Cassazione non può affermare. Essa, infatti, emette sentenze su casi specifici che non possono ritenersi descrizioni esegetiche o critiche di un genere artistico. Come tutti i generi artistici, la satira non ha un’etica. Sono autori e artisti ad averne una. È la loro visione del mondo e della vita e con essa connotano il loro progetto stilistico e creativo.
      La satira nazista sugli ebrei era figlia di un’ideologia e non di un’etica eppure erano opere satiriche, a volte persino ben eseguite.
      La musica… ci lascia canzoni indimenticabili. Cionondimeno esistono brani violenti e desolanti, rabbiosi e guerrafondai.
      Non credi che ognuno debba essere libero di scegliere il suo cd?
      L’artista esprime la sua idea e cerca un pubblico. La morale, l’etica, l’impegno sociale, non so tu, ma io lo pretendo da altre figure. Dalle istituzioni, ad esempio. Credo di vivere in un mondo in cui queste vadano richiamate. A volte anche crudamente.
      Ti saluto caramente e ti ringrazio ancora.
      Emanuela

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  3. Stefano · settembre 5, 2016

    Sono parzialmente d’accordo ma ognuno é libero di commentarla e dare la propria opinione; e loro di assumersene le proprie responsabilita ( vedi 7 gennaio.. Se dai un calcio a un cane questo 90% dei casi ti morde..se non lo capisci sei uno stupido.. Libero d’esprimerti ma stupido perché giochi con dinamiche universali chiamate karma ).
    Il tuo é un punto di vista interessante da prendere in considerazione ma chi ha perso tutto o quasi ha il diritto di prenderla in modo diverso.
    Trovo questo articolo interessante : https://danieleluttazzi.wordpress.com/2016/09/05/sulla-vignettaccia-di-charlie-hebdo-domande-e-risposte/
    Saluti

    Stefano

    Saluti

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  4. tamba rossonero · gennaio 17, 2017

    la vignetta è stata palesemente razzista,d’altronde merda hebdo non è nuovo a certe uscite, ti ricordo quella che fece sul profugo morto, te lo rinfresco l’avessi dimenticato:

    http://www.corriere.it/esteri/16_gennaio_14/aylan-grande-palpatore-sederi-bufera-charlie-hebdo-b0763b54-bae3-11e5-8d36-042d88d67a9f.shtml

    http://www.famigliacristiana.it/articolo/charlie-hebdo-dietro-la-satira-il-nulla.aspx

    http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/01/14/charlie-hebdo-ira-sui-social-per-la-nuova-vignetta-se-fosse-vivo-il-piccolo-aylan-sarebbe-un-molestatore-in-germania/2376031/

    ma è satira questa? no è razzismo, razzismo allo stato puro- o vale solo quando si toccano certe categorie?

    allo stesso modo le vignette sui nostri morti sono state vergognose e, non solo per simpatie politiche, concordo con alfano ” si mettano la matita in quel posto”-. Difenderli, a maggior ragione se si è italiani, è antipatriottico cretino e stupido,mi sorprendo di come sia possibile.

    E’ anche vero che esser radical chich paga e va di moda,ma serve dignità a mio parere.

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    • Emanuela Marmo · gennaio 18, 2017

      Gentile signore, ho risposto a diversi suoi commenti e trovo inutile ripetermi.
      Io ho un modo diverso dal suo di esprimere amore per il mio paese.
      “Cretino” o “stupido” o “si mettano la matita in quel posto” non sono espressioni con cui affronto il dibattito.
      Ma dire “cretino” o “stupido” o “si mettano la matita a quel posto” è anch’essa una moda dei nostri tempi, non meno di quella radical chic.
      Che queste due mode “paghino” purtroppo non posso saperlo, ma se lo dice lei, ci credo. Mi fido.

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  5. tamba rossonero · gennaio 17, 2017

    quello che chiami tabu lo definirei rispetto

    ci sono argomenti che lo meritano, e la satira dovrebbe rispettarli

    offendere dei morti (moro o i terremotati) è vergognoso indegno incivile

    offendere le persone per le malattie (come fece lutazzi con giovanni paolo 2) pure

    perché se si fa una battuta su alcune categorie, tipo i gay, si passa subito per omofobo ma si difende chi offende dei morti in una tragedia? dignità questa sconosciuta

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    • Emanuela Marmo · gennaio 18, 2017

      Caro signore,
      ho molto rispetto per la carica emotiva con la quale commenta e per ciò che intende difendere. Ma ciò che lei intende difendere, ovvero il rispetto dei morti o la dignità del malato, non è oggetto dell’offesa satirica.
      La satira usa personificazioni e metafore, pertanto la morte e le malattie vengono simbolizzate per significare altro: è un normale procedimento retorico e stilistico dell’arte.
      La Divina Commedia è piena di passaggi in cui vicende personali o tratti fisici sono utilizzati per parlare di vizi morali e concetti politici.
      Il procedimento per metafora avviene nelle grandi opere così come in quelle popolari.
      I morti non sono stati offesi. I terremotati neppure. I morti e i terremotati sono stati simbolizzati e utilizzati per denunciare significati altri.
      Non trovo commisurabili una vignetta sul fenomeno della corruttela post-tragedia e le battute contro i gay. Chi fa battute contro i gay fa battute omofobe. Ma non comprendo il nesso che lei crea tra il mio articolo e il tema dei gay.
      Concludendo insieme alla sua chiusa, anche io credo che la dignità sia sconosciuta: nel senso che molti misconoscono la dignità altrui.

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